Estraniazione

Non ricordo di averlo scelto.

E non ricordo se ho avuto scelta.

Non sono buoni pensieri, questi. Non va bene.

Qui al buio, in questo luogo straniante, dovrei avere la mente sgombra. Oh, sì, sono cose che so bene, e so anche come svuotare la mente. Ma oggi, qui, nella mia testa che vorrei fosse vuota si è insinuato un pensiero, che non riesco a scacciare.

Credo che quel pensiero abbia una vita sua, è lì per uno scopo, ma non so quale.

Dev’essere che invecchio, come diceva Tatiana. Chissà che fine ha fatto? Invecchio e mi pongo problemi, mentre dovrei essere più… automatico? freddo? Estraniato, ecco! Dovrei essere estraniato. Ne ho ammazzati tanti, con quella beata, inconsapevole, dolce e apatica estraneità. 

E invece oggi ho questo pensiero nella testa. Ma neanche un pensiero, perché ancora non ho capito che forma abbia. Non è ancora un pensiero chiaro, non è più una vaga sensazione… Sta lì nel mezzo, sembra promettere di prendere forma da un momento all’altro ma resiste, dissimula, sembra ritrarsi se mi concentro e riaffiora se mi rilasso.

Non ricordo più com’è cominciata. Ero militare. Poi nei servizi. Poi azioni sotto copertura, e semplicemente ho continuato ad ammazzare gente senza altre scuse che un contratto che mi verrà pagato; mi faccio pagare per ammazzare gente che non conosco, che non so perché merita di morire. E di cui non mi frega un cazzo. Non è questo il pensiero che mi si cela, non capitemi male. Non ho nessunissimo rimorso o senso di colpa. Credo si chiami anaffettività amorale, è una sorta di patologia, credo. Perché poi patologia? Se non fossi così non potrei fare questo mestiere e non saprei che altro fare. 

Non che ci abbia mai provato…

No.

No, dico, non ricordo come mi sono sentito, non ricordo se ho provato piacere, se ho provato schifo, se ho provato nausea… Molti provano nausea le prime volte. Dicono. Io ho sempre ammazzato gente. Prima per la patria, adesso per qualcuno che probabilmente non sa neppure a quale patria appartenere… Nessuna nausea, comunque. Di questo sono sicuro. E nessun piacere, non sono un sadico. Non provo niente. Ecco, mi piace questo: non provare niente.

Aspetto che la disgraziata arrivi a casa. Nel palazzo di fronte, un piano inferiore così ho la vista migliore e il campo di tiro sgombero. Camera da letto con ampia porta finestra balconata. Un bersaglio facilissimo. A chi avrà dato fastidio? Un’amante diventata troppo possessiva? Una spia industriale da fermare? Non so niente. Forse è una killer come me e custodisce troppi segreti. E devo eliminarla come qualcuno, prima o poi, eliminerà me.

Estraniazione.

Mi pare la parola giusta. Estraniazione. Anaffettività. Amoralità. 

E questo rovello.

Non riesco proprio a svuotare la mente, e fra pochi minuti il mio bersaglio dovrebbe rientrare a casa, passare in camera, accendere la luce, e ricevere il mio .308 in testa.

Ma non riesco a svuotare la mente.

Estraniazione…

Forse ho trovato il punto… Nel buio della mia camera, con la finestra appena socchiusa, una tenda mossa dalla brezza mi ha sfiorato la guancia. E credo di avere capito. Ho avuto un flash subitaneo, una profondissima sensazione di avere vissuto lo stesso attimo, anni fa. Come una lama di luce, per un istante, profonda e folgorante. Io appostato a un’altra finestra e una tenda che mi sfiorava la guancia. E pochi istanti dopo un grassone asiatico aveva un buco nella testa. Non ero qui a Milano ma in angolo assai remoto del pianeta. Ricordo benissimo dove, ho una memoria di ferro, ma non vale la pena nominarlo. Che importa se era Tokyo, Seattle, Nairobi… Che importa, ora, essere a Milano? Io sono quello che si affaccia alle finestre nella notte e regala buchi nella testa a gente che non conosce. Io sono sempre, e sempre, e sempre, in nessun luogo. Prendo aerei, dormo in hotel, mangio panini, mi faccio donne occasionali, uccido persone, prendo aerei. E sono sempre nello stesso luogo, che è nessun luogo. Anni fa non ero qui, l’anno scorso non ero qui, ieri non ero qui come non lo sono ora. Non qui. Io sono sempre in nessun luogo, in nessun giorno. Io sono quello estraniato che prende aerei e ammazza gente. Sono bravo in questo e, sì, ora lo capisco, sono bravo perché non esisto, non ci sono, non vivo.

Non ho amici se non le hostess. Non parlo con nessuno se non con i barman. Non faccio l’amore se non con le puttane. Brevi e insulsi momenti fra un colpo di .308 e l’altro. 

Fra un po’ ficcherò un’altro proiettile nella testa di questa povera stronza e poi un altro aereo, un’altra puttana, un altro hotel, un altro giro. 

E io sarò sempre in nessun posto, a vivere nessuna vita.

E domani, e domani, non sarà un altro giorno, ma sempre questo. Sempre questo.

Ecco che l’informe pensiero è diventato un concetto chiaro. Ecco la catastrofe che cerca di cambiarmi per sempre.

Chi sono io? L’uomo o il proiettile? Il mandante o il dito sul grilletto? Io sono le circostanze, forse… Io sono l’eterogenesi dei fini, la Nemesi, l’occasione, il caos, la volontà eterodiretta, l’essenza del Male, e lo dico senza paura, o pena, o emozione. Il Male, so con terribile sicurezza, non esiste, e la sua essenza è il nulla, e io sono quell’essenza.

Ecco, finalmente, l’estraniazione.

Il pensiero si è disvelato, ma la mia estraniazione l’ha ricacciato.

È arrivato un taxi, qui sotto. Scende una donna. È lei. A occhio e croce ha ancora cinque minuti di vita: deve aprire il portone, salire, entrare in casa, buttare le chiavi nel vassoietto che probabilmente avrà lì, a portata di mano, poi… Sicuramente si toglierà le scarpe per sentirsi a proprio agio, gli orecchini che le indolenziscono le orecchie, entrerà nella sala, accenderà la luce, e un attimo dopo sarà cancellata, eliminata, distrutta nella sua quantità di ricordi, relazioni, emozioni, cosa fatte, viste, conosciute.

Io controllo un’ultima volta che il fucile sia pronto, l’appoggio sul treppiedi solido, la posizione supina confortevole; e attendo, estraniato.

Lei è entrata. Manca poco.

Dopo che il mio proiettile le avrà attraversato la testa io scomparirò con velocità e precisione. La via di fuga è pronta, verificata, sicura. Lo sparo farà un rumore minimo, non scopriranno il corpo prima di diverse ore. Io sarò già in un altro paese, anzi: in un altro continente. 

Mentre attendo penso a cosa farò domani: mi annoierò. Sarò in un appartamento confortevole ma non sfarzoso, facendo zapping fra i mille canali televisivi. Il pagamento sarà stato effettuato e io starò in attesa dello squillo del telefono, che mi proporrà un nuovo incarico. 

Uguale a questo. In un luogo simile a questo. Con una vittima altrettanto anonima e per me insignificante.

In questo spazio vuoto, in questo tempo immobile…

Ecco, la luce nell’appartamento di fronte si è accesa.

BAM!

Prima versione: gennaio 2018. La presente versione, ampiamente sviluppata per Alamagoozlum: 20 febbraio 2023.


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