È così difficile ricordare con ordine quel che avvenne, e raccontarlo con semplicità anni dopo, a chi non c’era… Con semplicità, sì, ma specialmente con credibilità, perché va detto subito: anche ora, mentre racconto, ascoltando la mia voce mi sembra davvero pazzesco. Un colossale inganno collettivo, uno scherzo cosmico… un sogno…
Difficile raccontare perché fu tutto rapido, caotico, pieno di conseguenze e di conseguenze di conseguenze. La gente si impaurì e gioì, si disperò e si entusiasmò, molti morirono, moltissimi cercarono vie di fuga e insomma fu un periodo sconvolgente ma quel giorno, Cristo, quel giorno sì che fu memorabile. E stravagante, va detto, inquietante, pauroso, favoloso, isterico.
Che fosse così, assieme pauroso e gioioso, angosciante e liberatorio, tutto e il suo contrario, lo si comprende dal modo in cui tutto iniziò. Dalle ore 9,00 precise del 3 giugno a partire dalla linea del cambiamento di data. Sapete cos’è, no? Una linea immaginaria, convenzionale, che si sovrappone con giravolte e zig-zag al 180° meridiano: di qua è domenica e di là è ancora sabato. Per farvi capire: ogni volta che arriva l’anno nuovo tutte le televisioni ci fanno vedere, da decenni, il conto alla rovescia e l’esplosione di fuochi artificiali prima in Nuova Zelanda, poi in Australia, in Cina, e piano piano l’anno nuovo arriva anche nella vecchia Europa e infine in America. Ecco: come per il nuovo anno, le ali arrivarono a partire dalla linea di cambiamento di data, che sta subito dopo la Nuova Zelanda (o subito prima, se guardate dalla costa ovest dell’America) e mentre loro (i neozelandesi, gli australiani) si spaventarono a morte non capendo quel che succedeva, i servizi televisivi incominciarono a inviare i loro segnali nel mondo, e noi da qua incominciammo ad angosciarci ben per tempo seguendo questa ondata di peste piumata che arrivava inesorabilmente. E mentre la televisione mostrava, ore dopo, gli australiani che iniziavano a gioire e a volare, noi eravamo nel pieno della nostra ansia sentendo che le spalle iniziavano a pizzicare.
Ma lasciatemi finire il discorso del cambiamento di data. Già sarebbe stato stravagante vedere il fenomeno comparire lungo la linea retta di un meridiano e diffondersi linearmente; ma questa stramaledetta linea non è affatto perfettamente sovrapposta con il meridiano. Se già non lo sapete aprite un atlante o cercate sulla Wikipedia: ci sono scostamenti paurosi, in particolare nel Pacifico dove, per lasciare univoca la data e l’ora di uno sparpagliatissimo gruppo di isole, le Kiribati, la linea si scosta all’indietro di ben due meridiani, che sono una distanza colossale. E questa non è l’unica deviazione.
Insomma, le ali ai kiribatesi iniziarono a spuntare assieme agli zelandesi e via discorrendo i successivi in ordine. E’ pazzesco! Questo fu uno dei primi argomenti a sostegno della mano intelligente, della volontà divina, che sarebbe stata dietro questo casino, come se Dio, avendo deciso di donarci le ali, avesse trovato comodo farlo pian piano, a partire da quella linea artificiale. Dio… era anche ovvio che non poteva essere un fenomeno naturale. Non Dio (il Papa e varie autorità religiose si affrettarono a prendere le distanze dal fenomeno), non la natura… capite che non avevamo un cavolo di appiglio per comprendere quella metamorfosi collettiva, e senza una spiegazione purchessia alla quale ancorarsi, l’ansia dilagava.
E comunque successe. Prima là nel Pacifico, poi in Asia, seguiti da Europa e Africa e infine le Americhe. Nel giro di ventiquattr’ore precise tutti avevano le ali. Uomini e donne, vecchi e bambini. Chi nacque pochi minuti prima mise le ali assieme alla mamma; chi nacque dopo uscì dalla pancia già con piccole alucce raccolte sulla schiena. Chi stava morendo in quel preciso momento morì con dei moncherini sulla schiena, perché non fece in tempo a sviluppare completamente l’appendice alata; gli uomini e le donne della stazione spaziale internazionale misero le ali mentre sorvolavano il punto preciso in cui l’onda della metamorfosi stava correndo sul pianeta. Nessuno fu risparmiato. Tutti ebbero le loro ali.
Lì per lì si sentiva solo un solletico, poi un bruciorino. Poi una certa dolenzia vicino alle scapole, là dove due orrendi bozzi andavano rapidamente spuntando, crescendo, sviluppandosi. Nel giro di quattro o cinque ore tutti avevano sulla schiena due enormi spuntoni che imponevano, fra l’altro, di togliere i vestiti. Si può immaginare l’orrore dei primi, con questi due corni sulla schiena. Ma poi i corni si addolcivano, si arcuavano nella loro naturale articolazione e iniziavano a mettere una pelurietta, poi un piumaggio più imponente, finché in capo a mezza giornata ognuno aveva le sue ali. E mica uguali, che le ali erano grandi e piccole, nere, bianche o colorate, con una varietà di cui nessuno capì mai la logica perché era indipendente da sesso, razza e corporatura.
Il primo giorno passò così e nessuno ebbe tempo per pensare a un granché.
Alle 9 il primo pizzicore sulla schiena; verso le prime ore del pomeriggio era chiaro fossero ali, e verso l’imbrunire c’era già chi si spericolava in piccoli goffi voletti.
E chi dormì quella notte?
Anche se poi venne una specie di gioia isterica, e neppure in tutti come vi dirò, lì per lì fu drammatico. Poi per lungo tempo nessuno ci tornò sopra e in pochi andavano rivangando quelle ore tremende, ma fu realmente drammatico. Una bella schiena liscia e compatta che mette su, all’altezza delle scapole, dei corni ossei ripugnanti, e non è che fossero proprio indolori ché un bel fastidio lo davano. Tutti a spogliarsi e scamiciarsi per capire cosa succedeva, ed era un bel correre nei pronti soccorsi solo per trovare medici e infermieri impazziti dalla paura alle prese coi loro corni. E la paura non diminuiva una volta capito che erano ali. Ali piumate, ali da uccello! Non è che se al posto del naso vi spunta la proboscide pensate “ah beh, posso stare tranquillo, ce l’ha pure l’elefante”! Sì, ammettiamolo: piuttosto che nasi-proboscide, piuttosto che una coda da topo o la pelle squamata dei pesci meglio, molto meglio ali piumate da uccello, ma lì per lì questa cosa pazzesca fece impazzire moltissima gente. Chi si buttò dai palazzi, chi si gettò sotto il treno, chi prese il fucile e ammazzò tutti i familiari, fu una strage. Morirono a migliaia, impazzirono a decine di migliaia, si mutilarono in centinaia di migliaia da quell’orrore che cresceva loro addosso. E queste scene si vedevano pressoché in diretta in tv, in Europa e America, che assistevano impotenti all’avanzare del morbo o di quel che era, nessuno lo sapeva e nessuno lo poteva spiegare, poi ci fu un black out comunicativo perché tutti i giornalisti e i cameraman e i fonici e gli elettricisti delle troupe televisive erano alle prese coi loro corni sulla schiena e nessuno stava a vedere che in Australia si era nel frattempo capito che poteva quasi essere una cosa bella. Tutto sommato i più fortunati furono gli americani; d’ora che l’ondata giunse da loro fecero in tempo a vedere gli australiani che provavano a volare gioiosi, fecero in tempo a capire che questa incredibile follia poteva essere gioia pura. A San Francisco in migliaia aspettarono l’evento cantando Instant karma assieme a improvvisati profeti new age.
Se il 3 giugno fu il terrore, il giorno dopo fu il caos. Puro caos.
Difficile immaginare un disastro economico, un’agitazione sociale, uno sconvolgimento psichico tutti frullati assieme, di carattere più gigantesco di quel 4 Giugno.
Mentre da centinaia di carceri di tutto il pianeta migliaia di detenuti semplicemente volavano via, le borse crollavano, i capi di stato invitavano alla calma visibilmente pallidi in viso, nessuno si presentava al lavoro perché intento a scoprire le nuove possibilità del volo, molti supermercati venivano presi d’assalto da bande alate, il papa si raccoglieva in preghiera, mentre tutto questo e molto altro accadeva, la gente imparava a volare. Mentre le televisioni trasmettevano vecchi film intervallati da sporadici comunicati e pochi servizi in diretta, la gente svolazzava a mezz’aria a torso nudo o mostrando – nei climi più freddi – vestiti adattati e con ampi squarci sulla schiena, le gare sportive erano sospese per impossibilità di applicare le regole standard, le mamme volavano dietro ai pargoli che si libravano troppo alti nel cielo, mentre tutto questo e moltissimo, moltissimo altro accadeva, la maggior parte della gente imparava allegramente a volare, non senza conseguenze a volte tragiche; un numero significativo di nuovi alati sbatteva sui fili elettrici e moriva fulminato, altri si scontravano in volo nelle grandi città e precipitavano al suolo con conseguenze anche serie, altri ancora – i soliti avventati sbruffoni – provavano a lanciarsi da grandi altezze ma erano travolti da correnti d’aria che non sapevano governare e si schiantavano; il 4 Giugno segnò un numero altissimo di incidenti e per un discreto periodo i morti furono centinaia e i contusi innumerevoli. Ma tutto questo sembrava passare come un venticello nella consapevolezza della gente che osservava appena questo sfacelo godendosi – oh sì, quanto se la godeva – questa incredibile novità.
I primi giorni trascorsero così; voli sempre più audaci, cieli coperti da innumerevoli volatori, chi pianino e rasoterra, chi più alto, chi altissimo e veloce. Il primo problema fu come adattare un qualche abbigliamento alle ali. Nelle aree tropicali uomini e donne andavano generalmente a torso nudo con una sorta di tacita approvazione anche delle autorità, ma già nelle zone temperate volare a una certa altezza necessitava di una qualche protezione, prima frutto di adattamento di vecchi abiti poi con ingegnose soluzioni che coniugavano vestibilità e movimento delle ali. Il problema vero era nei climi freddi. Solo molti giorni dopo, quando un minimo di comunicazioni furono ripristinate, si seppe delle migliaia di morti fra i Lapponi, in Siberia, nella Terra del Fuoco e in altre zone con temperature estremamente basse. Pellicce e altri abiti tradizionali non consentivano il contenimento delle ali, anche senza volare, semplicemente raccolte sulla schiena, e così in migliaia morirono assiderati prima di riuscire ad adattare gli indumenti disponibili, e anche così di volare non se ne parlava proprio.
Naturalmente, dopo i primi giorni, qualcuno incominciò a fare ipotesi, una più stupida dell’altra. Le televisioni ricominciavano a riempirsi di talk show dove immancabili esperti, ciascuno col suo bel paio d’ali, discettavano sul nulla. Il biologo sosteneva che era impossibile conciliare il DNA dei pennuti con quello dei mammiferi, ma erano pur penne e piume quelle che ricoprivano i nuovi arti; il genetista sosteneva che era impossibile un così rapido manifestarsi di questa metamorfosi, ma anche tale impossibilità era confutata dai fatti. I teologi andavano per la maggiore ma, in attesa di un pronunciamento delle autorità religiose, restavano molto sulle loro con discorsi vaghi e fumosi sulla Provvidenza. Nessuno ci capiva niente neppure nei segretissimi laboratori delle maggiori potenze dove si cercava di capire a) come tutto ciò fosse stato possibile, b) se fosse una minaccia alla sicurezza nazionale e c) se si potesse sfruttare questa novità sotto il profilo militare. Data la segretezza delle ricerche nessuno ne seppe nulla ma la sensazione è che neppure loro cavassero un ragno dal buco.
Si capì subito che nella montagna di problemi che si affastellavano in questo primo periodo, quello preminente riguardava l’economia. Il volo aereo tracollò e molte piccole compagnie chiusero i battenti. Tutti i lavori che richiedevano suite particolari si fermarono per un pezzo: i sommozzatori, i ricercatori in laboratori nucleari come gli aviatori d’alta quota non potevano indossare le tute, le mute, le uniformi non predisposte al contenimento delle ali, e solo dopo diversi mesi si incominciarono a produrre indumenti idonei. La gente ricominciava di malavoglia a tornare nelle fabbriche e negli uffici, ma il problema era che non si sapeva bene cosa produrre. Le automobili erano inservibili, sempre per il problema di dove ficcare queste benedette ali, ma anche adattando i sedili semplicemente nessuno le usava più; era meglio volare, più divertente e assolutamente economico. I mezzi pubblici furono abbandonati e gli impiegati sciamavano a stormi negli uffici creando gravi problemi di circolazione aerea e non pochi incidenti. Il petrolio raggiunse ripetutamente minimi storici. Resisteva un po’ il trasporto merci, ma le merci da trasportare erano poche nel tracollo commerciale generale. Tutta la lunga filiera dell’industria manifatturiera semplicemente schiantò in poche settimane e i grandi Tycoon rovinati dovettero ideare nuove forme di suicidio perché gettarsi dall’ultimo piano con le ali non funzionava più.
Gli sport si fermarono. Come si giocava a calcio con le ali? La discesa libera era ancora praticabile? Del nuoto non parliamo neppure ma il salto in alto aveva ancora un senso? Qualcuno iniziò a inventare gare di velocità in volo, giochi di palla volanti, adattamenti degli sport tradizionali in situazioni aeree ma ci vollero molti mesi prima di poterci capire qualcosa, e nel frattempo tutti i patron sportivi semplicemente videro fallire squadre di football, baseball, calcio, rugby, pallacanestro eccetera. In cambio ballerine e strip teaser inventarono nuovi numeri acrobatici, gli spettacoli circensi si rilanciarono, tutte le forme di spettacolo si reinventarono nello spazio di poche settimane. Tutti poi avevano voglia di divertirsi e si formavano sempre grandi happening collettivi dove qualcuno iniziava uno spettacolo poi in migliaia si univano festosi e non si capiva più cosa fosse spettacolo, cosa festa, cosa un gran bordello senza senso.
Bisogna dire che passati i primi giorni l’umanità condivideva una gioia mai sperimentata prima. Volare era bellissimo. Anche i più anziani e timorosi potevano benissimo fare voletti considerevoli, ma i giovani riuscivano a stare in aria per ore, coprendo grandi distanze.
Le mamme impararono a tenere al guinzaglio i pargoli per impedire loro di volare allegramente via in zone pericolose. Gli innamorati si appartavano in luoghi impervi per guardare il mondo ai loro piedi (il sindaco di Parigi fu il primo a emettere un’ordinanza che vietava di volare e appollaiarsi sulla Torre Eiffel e su Notre Dame). Tim Cook presentò l’ultimo modello di iPhone su un pittoresco picco del Grand Canyon.
Succedevano contemporaneamente due cose: c’era molta gioia e un gran casino. Sì, si ricominciava a lavorare, ma i ritmi produttivi erano più che dimezzati perché la gente voleva volare. Le autorità cercavano di dare ordine ma nessuno le prendeva sul serio. L’economia si andava riorganizzando su altre basi, le borse segnavano continui ribassi ma pochi sembravano preoccuparsi. Si moltiplicavano invece le gare aeree, i gruppi acrobatici volanti, i tour aviatori, i giochi erotici a mezz’aria. I gruppi teatrali volanti acquistarono enorme successo presso il pubblico. Molti passavano la maggior parte del tempo per aria, questo è il punto.
Ma non c’era solo il divertimento. Dopo qualche tempo stormi di disperati fuggivano la fame, la guerra, la schiavitù di regimi ottusi, e semmai incrociavano stormi di giovani pasciuti che volavano in gruppi per esplorare il mondo. I confini non esistevano semplicemente più. Ciascuno volava come e dove gli pareva. Dopo un po’ di pratica un giovane in buona salute poteva volare dalla mattina alla sera, senza atterrare, coprendo fra i 150 e i 200 chilometri. Persone anziane ovviamente molto meno, ma comunque a sufficienza. La Spagna e la Francia furono invase da marocchini e algerini affamati, ma il nord Africa fu invaso da spagnoli e francesi avventurosi che volevano fare una bella vacanza. L’Italia fu invasa da egiziani volanti in cerca di lavoro, ma Sharm el-Sheikh fu invasa da italiani che volevano fare il bagno in spiagge favolose, praticamente gratis. La Florida si riempì di cubani che fuggivano il castrismo e Cuba si riempì di americani e canadesi che affollavano Varadero. Dal Myanmar fuggivano la repressione volando in Cina, dalla Cina fuggivano il sovraffollamento volando in Russia, dalla Russia fuggivano il regime dispotico volando in Europa. A un certo punto parve che tutti stessero volando da qualche altra parte.
Incominciarono a sgretolarsi i regimi più deboli, quelli fondati sulla repressione, perché semplicemente la gente volava via; dalla Siria, dall’Afghanistan, dall’Iran… Le guerre finirono perché i soldati si alzavano in volo e nessuno li vedeva più, anziché spararsi. Fu per questo, io credo, che in quel medesimo periodo incominciarono a tuonare i rappresentanti dell’ordine, Così non si può andare avanti! Strillavano, e chiedevano misure d’emergenza per controllare questi flussi non graditi. I militari minacciavano corti marziali, alcuni religiosi cattolici si fecero tagliare le ali in diretta citando Matteo e scagliandosi contro questo abominio, e già sul finire dell’estate molti movimenti politici e religiosi si erano uniti in una campagna anti-ali.
Il primo scontro si registrò a Londra. Alcune centinaia di attivisti anti-ali si radunarono a Piccadilly al grido “Siamo persone e non polli!”. Una buona parte di loro aveva le ali tagliate e altri legate strette dietro la schiena; marciavano a piedi alzando i pugni con insolenza verso l’alto e sarebbero rimasti sostanzialmente ignorati se un gruppo di giovani volanti non avesse iniziato a gettare su loro rifiuti e altri oggetti, ridendo e starnazzando indecentemente, ripresi dalla televisione. Sfortuna volle (poi qualcuno parlò di provocazione e di infiltrati) che vennero lasciati cadere sui manifestanti anche mattoni che provocarono feriti e un morto. L’incidente fece scalpore; anche se gli anti-ali erano in generale pochi fanatici senza grande seguito, l’omicidio – intenzionale o no – suscitò indignazione e permise a diversi politici e leader religiosi di manifestare pubblicamente il loro sdegno chiedendo leggi severe contro i pennuti umani.
Strano come accadono le cose. O, a pensarci bene, non strano per niente… Comunque fra fine settembre e ottobre accaddero vari incidenti in diverse parti del mondo.
In Spagna un contadino sparò ripetutamente a uno stormo di marocchini che si era posato, giusto per riposarsi un po’, sul suo campo. I superstiti lo fecero a pezzi e il terrore si sparse nella zona. In Medio Oriente e in Asia centrale i kamikaze erano tutti volatori e le truppe internazionali presenti non sapevano più come difendersi e furono costrette ad asserragliarsi nelle caserme. Ad Albertville, Alabama, un predicatore fondamentalista organizzò una giornata di purificazione con taglio delle ali, giudicate opera del demonio; in centinaia se le tagliarono e di conseguenza in decine morirono dissanguati o di setticemia, predicatore incluso. I nordcoreani volarono in decine di migliaia nel sud Corea senza alcun intervento delle autorità della Repubblica Democratica Popolare, cosa che fece urlare contro il complotto, la provocazione, sostanzialmente l’invasione, la Repubblica del Sud, che fu lì lì per scatenare la guerra. Diversamente Cuba, dopo le prime ondate, utilizzò le sue postazioni antiaeree per abbattere stormi interi di fuggiaschi, e in particolare quella che fu poi chiamata “la strage del 27 Ottobre” ricevette il biasimo internazionale.
Insomma: la faccenda andava ingarbugliandosi sempre di più e le autorità dovettero intervenire. Si diffusero rapidamente in Occidente norme contro il volo non autorizzato e l’immigrazione aerea clandestina, che ovviamente erano inapplicabili se non ridicole; già verso novembre qualcuno in Italia propose l’asportazione coatta delle ali, prima del rimpatrio forzato, per i clandestini colti sul suolo patrio; la proposta suscitò solo una debole protesta e divenne norma a partire da dicembre; in Germania stormi di Nazivolanti pattugliavano le strade incatramando le ali dei turchi, nel sostanziale silenzio delle autorità, mentre al confine col Messico stormi di bravacci volavano di notte con reti tese che finivano per imprigionare e far precipitare messicani che penetravano clandestinamente negli States.
Il Papa emanò una nota pastorale molto complicata e tortuosa in cui – senza mai demonizzare apertamente le ali – si sottolineava la pericolosità del fenomeno dal punto di vista della fede; il rabbino capo di Tel Aviv segnalò come le ali non fossero comprese nell’opera di Dio al momento della creazione; varie autorità islamiche dichiararono come le ali assomigliassero più a quelle dei demoni che a quelle degli angeli. Questo clima avverso alle ali aumentò costantemente fra tutte le autorità politiche e religiose nell’inverno, e ad esse si affrettarono ad associarsi imprenditori e manager che non avevano tratto alcun profitto – ma grandi perdite – dalla comparsa delle penne. In effetti, con la stagione invernale diminuirono drasticamente i voli: il freddo, che aumentava in quota e penetrava nei vestiti con gli ampi squarci per consentire il volo, frenò moltissimo i volatori anche più intrepidi in tutto l’emisfero boreale. I più preferirono tornare negli uffici con autobus e metropolitane; tantissimi tornarono a passare le serate guardando un buon vecchio film in tv piuttosto che svolazzando per i tetti coperti di brina. Volanti sempre più infreddoliti e autorità sempre più severe si incontrarono facilmente nella condanna prima, e nella repressione poi, di quegli eccentrici che, nonostante tutto, insistevano nel continuare i voli. Si disse che disturbavano i voli degli elicotteri di soccorso, che interferivano con le telecomunicazioni, che spiavano i vicini di casa dalle finestre, che andavano a rubare nei piani alti dei condomini, che dovevano essere pazzi (e quindi pericolosi) a volare in quella stagione, si disse poi che avevano formato delle sette, dei gruppi segreti di stampo terroristico, satanico, pedofilo, spionistico. Chi volava allegramente coi vicini a giugno era guardato con ostilità a dicembre da quegli stessi vicini non più desiderosi di quell’ebbrezza. Senza spingere apertamente i cittadini a tagliarsi le ali (cosa che in tantissimi comunque facevano) la maggioranza dei politici si mostrava col nuovo look con le ali strettamente legate sulla schiena o addirittura coperte in sorte di zaini. I parlamentari che continuavano a volare furono espulsi dai rispettivi partiti un po’ in tutti i Paesi e andavano formando gruppi parlamentari di minoranza e sempre più esigui.
In Olanda, a febbraio, si stabilì il coprifuoco volante dalle sei di sera, e i gendarmi potevano sparare a vista contro chi volava dopo quell’orario; l’idea olandese piacque molto e fu presto imitata dagli altri paesi europei.
Con l’arrivo della primavera pochissimi ripresero i voli; sempre più ostracizzati, perseguiti da leggi sempre più restrittive, il volo era tollerato ormai solo in certe isole tropicali e greche, in Sardegna e alle Canarie. Le cliniche estetiche avevano liste d’attesa di mesi per l’asportazione chirurgica delle ali mentre la Chiesa Delle Ali Strappate soppiantava Scientology nel numero di adepti e, specialmente, negli introiti.
Quasi nessuno volava più e l’arrivo del 3 Giugno, anniversario delle ali, non fu atteso con particolare enfasi. Quel giorno, la scomparsa delle ali, avvenuta con la stessa modalità dell’anno prima a partire dalla linea del cambio di data, apparve a molti come una giusta riparazione, una logica conseguenza della volontà popolare, un rinsavimento della natura, un atto pietoso di Dio.

Prima versione: dicembre 2012, col titolo Le ali. Versione su Alamagoozlum: 9 gennaio 2023.
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