Prima di tutto chiariamo che il cocktail Dry Martini (o solo “Martini”) non ha a che fare con l’aperitivo Martini © Dry. Il primo è un cocktail nel quale va una piccola parte di vermouth, il secondo è il marchio commerciale di un vermouth utilizzabile anche per il cocktail (ma, per il gusto mio, c’è di molto meglio…).
Il Dry Martini (cocktail) è composto da una preminente parte di gin e una piccola quantità di vermouth secco. Le mie personali proporzioni sono 6 parti di gin (p.es. 60 ml, o meglio 75, ovvero i due calici del jigger più diffuso, il 50-25) e mezza di vermouth (quindi rispettivamente 10 ml, o 12.)
Esistono infinite varianti, con vermouth dolce (Sweet Martini) o metà dolce e metà secco (Perfect Martini) che a me non piacciono, oltre a versioni più complesse, con aggiunta di altri liquori, come nel caso del Vesper di cui riparleremo. Esiste la versione secchissima, per la quale il vermouth bagna il ghiaccio poi si butta, in modo che il solo gin si impregni del suo profumo. Un po’ eccessivo.
Obbligatorio il twist di limone ma la scorza, per quanto mi riguarda, deve essere buttata via. Vedere il liquore cristallino con una buccia gialla che galleggia è proprio brutto. Comunque sia, mai, ma veramente mai, l’oliva dentro il bicchiere. MAI. Se volete guarnire con olive, queste vanno a parte, su un piattino, oppure infilzate su un bastoncino e appoggiate sul bicchiere. Se mettete l’oliva nel Martini lo sporcate e rovinate con la salamoia (peraltro, gli americani bevono anche il Dirty Martini, ovvero Martini “sporco”, rovinato barbaramente da alcune gocce di salamoia, ma loro sono americani, lasciateli fare). A me che piace secco va bene un gin (London Dry, ovviamente) un po’ rude; fra quelli commerciali il Beefeater, per intenderci, mentre fra i vermouth secchi l’eccellenza è francese, anche se ne trovate di ottimi italiani. Direi comunque no ai gin troppo aromatici come il Sapphire, per fare un esempio, e mai e poi mai i Distilled (che sono una categoria differente dai London Dry).
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